Hike & Fly prati del Rifugio Corsi

Sono le cinque e mezza di venerdì pomeriggio, quando in barba agli aperitivi della città parcheggiamo l’auto nel fondo innevato della strada che porta al Rifugio Corsi.
Al ritrovo, nel bar/pizzeria di Sella Nevea, il discorso è incentrato sul percorso che ci porterà in cima allo Jof Fuart, meta scelta per l’avventura della settimana. La strada che porta alla vetta è sicuramente ai livelli della scorsa uscita in Canin, e si preannuncia quindi una buona dose di adrenalina. L’atterraggio poi è un enigma, è ormai buio e bisogna affidarsi alle descrizioni di John: il prato c’è, al massimo atterriamo sulla strada, che non è per nulla trafficata!

Con queste premesse, affrontiamo la salita in cemento che porta fino a Malga Grantagar, percorso ideale per ottimi allenamenti in mountainbike in preparazione alla Tor des Geants. Questo primo tratto è un ottimo riscaldamento per chi come noi si sente di affrontare il percorso puntinato che collega la Malga Grantagar e il rifugio Corsi, saltando il bivio di congiunzione tra il sentiero CAI 628 e il 625. In un percorso a tratti innevato e in alcuni punti avventuroso, se illuminati dalla sola luce frontale, percorriamo i rimanenti 500 metri di dislivello in un clima freddo ma riscaldato dal buonumore che ci accompagna.

Arriviamo al Rifugio dopo circa due ore di camminata, John apre la porta del Corsi e presenta gli onori di casa, per poi subito mettersi ad accendere fornelli e a preparare stoviglie; con Plume da capofuochista e Paolo ed io addetti al rifornimento combustibile, spacchiamo con arnesi “quasi adatti” la legna per alimentare il fuoco della stufa che riscalderà la nostra sala per la serata.

Un antipasto, un primo e due secondi (tutti rigorosamente alimenti da rifugio in montagna) saturano i nostri stomaci, mentre le batterie dell’impianto solare del Corsi alimentano le strisce di led sopra il tavolo da pranzo. La conversazione prosegue in argomenti molto disparati: John racconta della presenza che soggiorna nella stanza 9 del rifugio, da noi subito battezzata “Quinto”; non può mancare qualche assaggio di liquore d’erba locale e la grappa portata da Paolo si unisce perfettamente alla gubana che Plume ha portato.

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Il giorno dopo ci svegliamo prima dell’alba, e ne vediamo i colori che riempiono il cielo e i monti; la giornata che si sta facendo sembra splendida.
Mentre prepariamo la colazione, ci raccontiamo di come Quinto sia passato accanto a noi in modo diverso, qualcuno gli ha parlato nel sonno, qualcunaltro l’ha sentito aggirarsi tra le stanze. Tant’è che tra poco sonno e un leggero malessere, riprogrammiamo la giornata.
Richiusa la porta e salutato lo spirito del Corsi, ci incamminiamo tra i prati e i massi che delimitano la piccola spianata dietro il rifugio. Dal basso, le pareti verticali dell’Ago e del Campanile di Villaco, le picche delle Cime dello Jof Fuart e la Cima di Riofreddo riempiono lo sguardo; dei grandi camosci attraversano i pendii, guardandoci incuriositi, attenti ad ogni nostro movimento.

Qui ci dividiamo: Paolo e John attenderanno il nostro ritorno, mentre Plume ed io, alleggeriti del peso della vela lasciata a fianco ad un masso, ci incamminiamo verso la meta prestabilita, la cima dello Jof Fuart.
Il sentiero, lasciati i prati dietro di noi, è costituito da roccia e neve relativamente fresca, che già qualcuno ha calpestato nei giorni passati. Giungiamo ad una piccola ferrata che passiamo senza molte difficoltà, per poi calzare i ramponi al riparo di una piccola galleria di roccia scavata dall’erosione. La neve in alcuni punti si sta pian piano sciogliendo in piccoli torrentelli d’acqua; in altri passaggi disincastriamo dal ghiaccio il cavo d’acciaio che indica il percorso; più sopra, percorriamo canali con una buona pendenza riempiti di neve e ghiaccio superficiale.

Ci stiamo alzando di quota, e il panorama alle nostre spalle è illuminato da un tiepido sole autunno/invernale, che ancora scalda i vestiti nonostante sia dicembre: vediamo parte del Canin, il Rombon e una serie di vette delle montagne alpine slovene; quando finalmente guadagnamo visuale a nordest, lo sguardo si apre su Tarvisio e le vallate austriache, quest’ultime immerse in un mare di nebbia.

Raggiungiamo la cima ovest con la madonnina in pietra dopo qualche passo su strette rocce innevate; davanti a noi la vicinissima cresta dello Jof di Montasio riempie la visuale; in lontananza un mare di cime alpine e cielo blu e azzurro, decisamente meglio di qualsiasi sfondo del desktop trovato su internet.

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Valutiamo che probabilità avremmo avuto di decollare con il vento della cima che spira da ovest/nord-ovest, leggermente rafficato. Forse la cima est poteva essere affrontabile, pare avere più spazi di decollo; questa cima invece, senza molta neve a coprire le asperità, non sembra decollabile. Poco più in basso, anche dei ghiaioni pendenti ma larghi sembrano avere le caratteristiche adatte per un decollo in sicurezza.
Recuperata la fatica e lasciata qualche parola sul libro di vetta, ridiscendiamo per gli stessi passaggi, alcuni ora da affrontare più coraggiosamente di quanto affrontati prima in salita.

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Contattiamo John e Paolo via radio nell’orario stabilito e confermiamo che stiamo scendendo, e in meno di due ore li raggiungiamo, scorgendo una vela aperta in uno degli ultimi prati sopra il Rifugio. Recuperiamo le vele e raggiamo il prato in tempo per il decollo di Paolo.

L’anfiteatro che ci circonda lascia spazio alla vallata boscosa che collega Sella Nevea al lago del Predil, e anche John e Plume in un attimo ne sono sopra. Io decido di non volare, e ridiscendo il percorso d’andata a piedi, scambiando qualche parola con dei camminatori in salita, stupiti di aver sentito e visto delle velocissime vele colorate passare sopra le loro teste.

Giovaz

Hike & Fly prati del Rifugio Corsi

Difficoltà decollo H&F

Difficolta' 2
Legenda difficoltà »

Possibili decolli

I prati sopra il Rifugio Corsi sono molto ampi e presentano varie possibilità di decollo in direzione fondovalle. In particolare, gli ultimi prati in alto vicino alla roccia hanno una buona pendenza e sono sgombri di vegetazione.

Possibili atterraggi

Dal decollo non sono visibili atterraggi, è preferibile effettuare un sopralluogo per identificare i possibili atterraggi, costeggiando la strada che porta al lago del Predil.

Parcheggio

Nelle piazzole adibite a parcheggi all’inizio della strada che costeggia il sentiero 628 che porta a Malga Grantagar

Quota minima: 1060mt
Quota massima: 1930mt

Sentieri CAI 628 e 625

Coordinate decollo: 46.4243, 13.4990
Coordinate atterraggio: 46.4031, 13.5241

A proposito delle informazioni tecniche di questo articolo.. leggi il disclaimer!

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